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sabato 9 febbraio 2013

C'era una volta...

...una dolce Principessa dai capelli dorati, chiamata Vittoria, che credeva con tutto il cuore nelle favole e nell'eterna felicità delle Principesse. Aveva una fede assoluta nella magia dei saggi, nel trionfo del bene sopra al male e nell'amore potente capace di conquistare tutto..."Arriverà un giorno il mio Principe?", chiese una sera alla regina aprendo i suoi meravigliosi occhi color ambra pieni di stupore ed innocenza..."E sarà forte, valoroso, bello e affascinante?"..."Sì, tale come lo hai sognato o anche di più, e sarà la luce della tua vita e la tua ragione di essere...così è scritto"...



Quante volte ci siamo sentite raccontare storie simili a questa? Sfido chiunque a dire di non aver sognato ad occhi aperti l'arrivo del "proprio personalissimo principe", quello bello come il sole che ci avrebbe trattato da vere principesse e per avere l'amore del quale saremmo state capaci di qualunque cosa...tanto lui, con la sola sua presenza, ci avrebbe ripagate di tutti gli sforzi...



Il problema di tutto questo è, però, il fatto che nessuno da bambine ci ha insegnato ad "amare"...non fraintendetemi, non voglio certo dire che nessuno è capace di provare questo nobile sentimento, tutt'altro! Il cuore della questione è che nessun racconto ci ha parlato di una principessa che, sicura di sè, forte e consapevole del proprio valore personale, può vivere benissimo anche se nessun principe la "salva" portandola via da qualche remota torre o dalle grinfie di qualche Drago...



 
Risiede proprio in questo, invece, il valore del libro dal quale ho tratto l'incipit del post: "La principessa che credeva nelle favole" di Marcia Grad. In una maniera semplice, allegorica e fortemente emotiva, ci rende compagni di viaggio della Principessa Vittoria alla scoperta del vero amore. Vittoria, per dirla con termini psicologici (passatemelo ehehehe) è una delle tante donne che ha amato troppo...Una Principessa che, credendo di non aver nessun valore, si rispecchiava solamente negli occhi del suo Principe Azzurro, nel bene e nel male...




Proprio quando arriva a toccare quello che lei crede essere il fondo della sofferenza emotiva, però, con l'aiuto di alcuni saggi amici riesce a scoprire, sul sentiero della verità, in cosa consiste un vero e maturo Amore..."Per poter amare qualcuno veramente per prima cosa dobbiamo amare noi stessi...le disse il gufo...La principessa si chiese come mai era stata per così tanto tempo a desiderare un principe e sentire che non era nessuno se non ne aveva uno al suo fianco. Inoltre perchè aveva bisogno del suo amore per sentirsi amata, bella, speciale e adorabile...



Il vero Amore significa libertà e crescita e non possesso e limitazione...è sinonimo di pace e non di confusione, così come di sicurezza invece di paura...disse Doc parlando sempre più velocemente...significa compressione, lealtà, compromesso, connessione e, ciò che è più importante per te Principessa, rispetto. Perchè quando uno non è trattato con rispetto appare il dolore e nessuno lo può evitare...e in nessun caso questo forma parte della bellezza che racchiude il vero amore..."



Quindi, amiamoci per quello che siamo, cerchiamo di accettare la nostra imperfetta perfezione e riempiamo la nostra vita di amore e rispetto in modo tale che altro amore e altro rispetto giungano a noi moltiplicati...... :)
Una "fine" può essere un "inizio" e chissà, forse, nel nuovo inizio il meglio deve ancora arrivare ;)))

Buon fine settimana Principi e Principesse!!!! :*** ML

Dream On ;)))


(ps. Le foto le ho scattate alla Villa del Poggio Imperiale a Firenze...c'è un castello migliore per una Principessa? ;)))...)

2 commenti:

  1. Ricorda anche l'emancipazione della donna dirottata e misurata alla uguaglianza maschilista e quella mancata totale del maschio.

    Partendo da una concezione antropologica e sociale il fenomeno di imitare un ruolo ricco di aspettative tramandato culturalmente - anche a propria insaputa - lo si potrebbe descrivere anche un salvataggio dalle incertezze umane nel conformismo inconscio: 'la testarda incertezza degli incerti'.

    Un modello comportamentale che è fonte di molti mali, direi; cioè la autocondanna alla prima disobbedienza del uomo a Dio; per poi presubimilmente autosalvarsi nel credere - invece di voler sapere.

    Perchè chi tutto crede, non ha necessità di sapere; e dunque può sempre discolparsi (sic) a proprio compiacimento; le proprie dissonanze vengono supportate culturalmente.

    Poi è anche vero, chi tutto vuol sapere finirà a non credere più nulla, mai e per niente.
    E qui l'unico salvataggio è quello die Kant:
    Sapere aude!

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    1. Sapere Aude...semper! Grazie per l'analisi densa di svariati spunti di riflessione...interconnettersi con le menti altrui è sempre fonte di crescita personale :)

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